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Chiesa di Santo Stefano - Poggio alla Malva

Il Bacio di Giuda

via Santo Stefano, 1 | 055 8718019 Parroco

Oratorio cinquecentesco dedicato a San Sedbastiano, trasformato ed ampliato intorno al 1742-48, quando vi fu trasferita la sede parrocchiale dall'antica Chiesa di Santo Stefano "Alle Busche", situata poco sopra la riva dell'Arno.

L'interno della Chiesa ospita opere del '400 e '500.

La ecclesia S. Stephani de Bruscianese , dipendente dalla pieve di Artimino, è registrata negli elenchi delle decime dai secoli XIII e XIV. Con lo stesso titolo si trova nelle visite pastorali dei secoli XIV e XV; ma nel secolo successivo il toponimo cambia: ecclesia S. Stephani delle Busche ed anche ecclesia S. Stephani de Brucianesi alias de Collerotto .
Dal 1741, abbandonata l'antica chiesa posta in prossimità dell'Arno e soggetta alle inondazioni, la parrocchia fu trasferita in un oratorio esistente in località Poggio alla Malva, accanto al quale il demanio reale concesse il terreno per la costruzione della casa parrocchiale. Il preesistente oratorio dedicato a San Sebastiano fu ampliato e fu eretto il campanile a torre, realizzato in bozze di arenaria con cella dotata di parapetto a balaustrini.
All’interno della chiesa in controfacciata si trova una cantoria con organo sorretta da colonne tuscaniche in pietra serena. Al di sopra si trovano due dipinti del Crivelli ascrivibili agli anni 50 del 1900 e raffiguranti i santi Antonio e Giovanni Battista. Al Crivelli si deve anche la Via Crucis del presbiterio. L’aula della chiesa è coperta con soffitto ligneo a capriate; il presbiterio con arco trionfale sorretto da colonne tuscaniche trabeate in muratura, ha una volta a botte con unghiature in corrispondenza delle due finestre mistilinee settecentesche.
Sulla parete destra della chiesa si trova un affresco frammentario staccato che raffigura la Flagellazione: l’affresco è stato recuperato dalla chiesa di Santo Stefano alle Busche assieme ad altre due scene presenti nella chiesa: il Bacio di Giuda e L’adorazione dei pastori, opere di due modesti pittori influenzati da Spinello e dal Gerini.
L’altare laterale destro del tardo seicento ha lesene scanalate e coronamento a timpano spezzato. Incornicia una bella tela della bottega di Domenico Landini, con la Lapidazione di Santo Stefano ascrivibile al 1650 cc.
L’altare che lo fronteggia è coronato da un timpano curvilineo ospita una pregevolissima tavola a fondo oro opera di Neri di Bicci, proveniente anche essa dalla chiesa delle Busche: si tratta della Madonna col bambino in trono tra i Santi Silvestro, Stefano, Bartolomeo e Lorenzo databile tra il 1475 ed il 1480.
Il presbiterio chiuso da una balaustra settecentesca in pietra sul fondo ha un altar maggiore con edicola sorretta da due semicolonne ioniche e conclusa da doppio timpano della metà del Seicento. Il Crocifisso che vi si trova esposto proviene anch’esso dalla chiesa delle Busche ed è chiaramente ispirato a Baccio da Montelupo.

Madonna col bambino in trono tra i Santi Silvestro, Stefano, Bartolomeo e Lorenzo, databile tra il 1475 ed il 1480 attribuita a Neri di Bicci

La tavola è di formato rettangolare orizzontale secondo una delle più diffuse tipologie della pittura fiorentina della seconda metà del Quattrocento. Il dipinto ha una struttura compositiva molto semplice: basato su un asse centrale simmetrico. La madonna è assisa al centro del quadro su di un trono marmoreo provvisto di gradino sagomato, a sinistra il bambino in piedi sulle sue ginocchia cerca di arrampicarsi verso il volto della madre.
Assistono alla scena: a sinistra Santo Stefano in abiti diaconali e San Silvestro, papa, alla destra del trono San Bartolomeo che reca in mano un coltello- simbolo iconografico a memoria del suo martirio- e San Lorenzo. Lungo tutto il gradino marmoreo del trono che funge quasi da pedana alla scena sacra sono riportati i nomi dei santi e l’invocazione a Maria. Sul gradino del basamento in primo piano si trova invece l’iscrizione dedicatoria del dipinto: esta tavola a fa(to) fare Tingo di eo e figlioli da Brucianese per rimedio di loro e de lor par…preziosa quanto rara testimonianza del contesto e dell’epoca in cui nacque il dipinto. Probabilmente il dipinto proviene dalla chiesa di santo Stefano alle Busche, oggi distrutta, che era sita più in basso rispetto all’attuale, vicina al fiume. Cio’ a sottolineare ulteriormente il legame dei committenti dell’opera con la chiesa, che appare ancora più stretto se si considera che nei documenti del tempo la chiesa di santo Stefano veniva talvolta associata al toponimo Brucianesi.
Il Carocci, funzionario della Soprintendenza, che propose l’attribuzione a Neri di Bicci già nel 1897, registrava che in quell’anno l’opera si trovava sull’altare destro, particolarmente coperta da un dipinto su tela che la incorniciava e lasciava vedere solo in parte la figura della Madonna con il bambino, secondo un uso consueto quando si voleva lasciar in vista parti d’opere reputate arcaiche per il linguaggio al solo scopo devozionale. Nella stessa scheda però il solerte funzionario assicurava che sarebbero presto stati presi provvedimenti per rendere del tutto visibile il dipinto.
Il passaggio da quella collocazione all’attuale non fu però indolore:la tavola infatti appare rifilata sui due lati, probabilmente effettuata proprio per inserire la tavola sull’altare destro. La tavola inoltre è priva dell’incorniciatura architettonica che solitamente accompagnava questo tipo di tavola costituita dalla predella, da due lesene laterali e da una architrave superiore.
Dopo l’intervento del Carocci l’opera fu spostata sull’altare di fronte, sul quale non si trovava nessun opera di pregio. Lo spostamento produsse la perdita del dipinto che le era stato sovrapposto: una tavola che può essere riconosciuta in quella descritta durante una visita pastorale del 1505 come bella e moderna,posta sull’altare di san Silvestro e rappresentante San Bartolomeo.
Il linguaggio piano e semplice del dipinto lo ascrive senza dubbio tra le opere di Neri di Bicci, divulgatore modesto, ma suggestivo dei più alti modelli del Quattrocento fiorentino. Figlio di Bicci di Lorenzo, anche lui pittore, dopo aver collaborato ancora molto giovane con lui, ne ereditò l’operosa bottega apportando delle sostanziali modifiche ai modelli fin lì utilizzati, accogliendo novità da Filippo Lippi, l’Angelico, e da Domenico Veneziano. Fu interprete di numerosissime committenze, per lo più ascrivibili a un livello medio e popolare, come appunto Tingo di Meo, il committente dell’opera di Brucianise.
L’opera di Poggio alla Malva non compare sfortunatamente – ed è una delle poche dell’autore- nelle Ricordanze di Neri di Bicci, pubblicate a cura di Bruno Santi, ma non ci sono dubbi sulla sua paternità.
Caratteristiche e inconfondibili sono le fisionomie dei santi e della Vergine; la composizione e la forma del trono, con l’impiego del fondo oro; persistenza della prima metà del Quattrocento, all’epoca però ormai quasi inutilizzata a Firenze.
Accostamenti stilistici, ed il fatto che non sia stata citata nelle Ricordanze, ci consentono di datare l’opera a un periodo di poco posteriore al 24 aprile 1475.
 

Orario

La chiesa è aperta tutti i giorni dalle ore 16,00 alle ore 18,00

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