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Villa medicea La Ferdinanda di Artimino

Villa medicea di Artimino

La Villa Medicea di Artimino da giugno 2013 è patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.Nella motivazione del comitato Unesco, riunito a giugno 2013 in Cambogia a Phnom Pehn, si legge che "Le fortune finanziarie, economiche e politiche dei Medici sono dietro il diffuso mecenatismo che ha avuto un effetto sulla storia culturale e artistica dell’Europa moderna" - per questo la Villa Medicea la Ferdinanda è stata promossa a Patrimonio dell'umanità.

Un importante riconoscimento per un territorio già ricco di rilevanze storico artistiche Villa Medicea "La Ferdinanda" di Artimino che è stato celebrato 11 maggio 2014 con l'apposizione della targa dell'UNESCO con un concerto del premio oscar Nicola Piovani.

  • Cenni Storici

Si narra che attorno al 1594 il Granduca Ferdinando I, recandosi in uno dei tanti giorni ch’era solito dedicare alla caccia nel suo Barco del Monte Albano, appena giunto sul poggio di Artimino abbia detto al suo amico ed architetto di fiducia, l’ormai anziano Buontalenti: “Bernardo intorno a questo luogo appunto, ove tu mi vedi, io voglio un palazzo che sia sufficiente per me e per tutta la mia corte; or pensaci tu, e fa’presto”.
La Villa fu edificata in poco tempo tra il 1596 ed il 1600: detta la Ferdinanda dal nome del Granduca, o anche dei “cento camini” per via dei suoi numerosi comignoli di forme e fogge volutamente diversificate.
E’ dominata all’esterno dallo scalone di accesso in pietra e a doppia rampa, che fu portato a termine, su disegno originale del Buontalenti, solo nel 1930 per volere della Contessa Carolina Maraini, non turba l’apparente semplicità dell’insieme, anzi ne mitiga l’aspetto militare. La loggetta centrale dalla quale si allunga lo scalone è coperta da volta a botte riccamente decorata con stucchi e affreschi d’Allegorie E Stemmi medicei e Lorena eseguito da Domenico Crespi, Passignano.
All’interno la Villa dispone di cinquantasei sale articolate in uno stravagante percorso: dopo la sala d’ingresso, il vasto salone dell’Orso, preceduto da una raffinata piccola cappella, affrescata dal Passignano, a cui si debbono anche le decorazioni della volta del salone; le sale di Cristina di Lorena e il grazioso “ricetto del poggiolo”, decoratissimo stanzino da bagno – le volte si debbono di nuovo al Passignano, le pareti a Bernardino Poccetti. Gli affreschi della Cappella e della loggetta a ponente sono opera del Passignano.
Presso la Villa si trovavano anche le celeberrime lunette di Utens, raffiguranti le ville medicee, idilliache vedute aeree di precisione calligrafica, molto decorative e preziose testimonianze sull'aspetto originario degli edifici. Dipinte proprio per la Villa Medicea di Artimino come "inventario" (diremmo oggi "catasto") dei possedimenti del Granduca Ferdinando I de' Medici, ora sostituiti da copie.

  • La villa, una dimora extraurbana rinascimentale

La villa è la sintesi del modello della dimora extraurbana rinascimentale, che si spoglia della sua funzione difensiva, come si può ancora notare in altre ville del periodo, ed abbraccia un nuovo stile per quanto riguarda la disposizione degli ambienti e soprattutto per il rapporto che va a creare con il paesaggio circostante che muta in una nuova esplosione strutturale data dall'uomo.
La villa sorge nel borgo di Artimino, ed è collegata ad esso attraverso una strada che unisce gli apici dei colli.
Sulla sinistra si staglia l'imponente dimora medicea, voluta da Ferdinando I e dal quale poi ne prenderà il nome, proprio al centro del Barco Reale.
La famiglia De' Medici nel corso del Cinquecento aveva acquistato molte proprietà fondiarie, che andavano dai boschi alle aree paludose, apparentemente non lucrosi, ma che si rivelarono delle vere e proprie riserve di caccia, pesca e pascolo più che redditizie.
Tale fenomeno dà il via alla costruzione e ristrutturazione di questi edifici, utili per il soggiorno dei proprietari e degli ospiti nei periodi di caccia o in altre occasioni.
Il Barco Reale venne creato da Cosimo I, quando acquistò un'ampia zona boschiva che andava dalle pendici del poggio di Artimino fino a Vinci, trasformandola presto in una riserva di caccia ricca di cervi, cinghiali e lepri.

  • La costruzione della villa, struttura e stili

Ma la costruzione della villa la dobbiamo a Ferdinando I, particolarmente amante della caccia e conquistato dal paesaggio che si poteva ammirare dal colle di Artimino vecchio, che prima fece accrescere il valore del territorio ed in seguito volle l'edificazione della villa, affidando il progetto all'architetto di corte Bernardo Buontalenti.

L'uomo, non più giovane, non si recò personalmente sul luogo, ma curò i lavori dalla residenza fiorentina di Via Maggio. In soli quattro anni, nel 1600 fu completata. Ma il committente ed i suoi successori non utilizzarono molto la villa fino all'arrivo di Cosimo III che la riportò al suo splendore originale.
Abbandonata nuovamente per tutto il periodo lorenese, il granduca Pietro Leopoldo di Lorena fu costretto a cederla ai marchesi Bartolomei. A tale proposito si racconta che sia stato costretto a suggellare tale accordo per evitare uno scandalo, in quanto il Granduca aveva compromesso una giovane Bartolomei.
La villa passò di eredità in eredità; dai Bartolomei ai Passerini e nel 1911 ai Maraini. Grazie a questa famiglia si ebbe il restauro dell'edificio e la costruzione della scala esterna che porta al piano nobile.

Nel 1930 la scala a tenaglia venne realizzata da Lusini che la progettò basandosi sui disegni del Buontalenti (oggi ospitati nel Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi). Il restauro riportò la villa all'aspetto fiero delle origini, ma venne di nuovo danneggiata, questa volta non dal tempo, ma dall'uomo, durante la guerra.
Ferdinando e Giovanni Poggi la restaurarono nuovamente e negli anni Cinquanta venne ceduta a Emilio Riva, il quale la spogliò dei suoi arredi nel 1969. L'ultimo compratore della villa fu nel 1970 una società che tutt'ora ne ha la proprietà. L'edificio oggi ospita convegni, manifestazioni, e nel piano interrato ospita dal 1983 il Museo Archeologico di Artimino che conserva importanti reperti etruschi.

La costruzione è un misto di stili: la tradizione rinascimentale fiorentina, gli avancorpi angolari suggeriscono uno scopo difensivo-militare, la singolare loggetta, le rampe ed i terrazzi bastionati. La pianta è rettangolare e la sua struttura semplice, basti pensare al solo intonaco bianco, suggerisce l'idea di un castello-fortezza.
Dal piano interrato si snoda un basso corridoio, scavato in antichità nella roccia, che portava ad un'uscita segreta lontano dalla villa.
Al piano terreno, invece, si poteva accedere anche con i cavalli ed ospitava l'armeria e le cantine granducali. Lo scalone esterno, costituito da due rampe laterali concave ed una rampa rettilinea, permette di accedere al piano nobile e alla loggia posta a filo di facciata, sorretta da quattro colonne tuscaniche con basamenti collegati da un parapetto a balaustrini.

  • Interni e arredi

Al centro della loggia, in un timpano curvilineo spezzato, è collocato il busto di Ferdinando I, mentre al suo interno si trovano dei sedili in pietra che corrono lungo le pareti. La volta fu affrescata da Domenico Cresti, detto il Passignano, nel 1599. La decorazione riprende un tema allegorico ed è rappresentata con un disegno allegro e tratti cromatici tipici del gusto veneto. Dalla loggia si accede alla sala d'ingresso, con il camino in pietra serena ideato dal Buontalenti. Le sale della villa, per volere di Ferdinando, non furono create con eccessi decorativi, compensando tale scelta con l'uso di un arredamento pregiato, purtroppo disperso o acquisito da altri nel corso del tempo.

Sulla sinistra del salone si apre la Cappellina, completamente affrescata dal Passignano e da essa si passa al grande salone pubblico o "dell'Orso". Degna di nota, in questo salone, è la volta unghiata su peducci tuscanici in pietra serena: in ogni lunetta erano collocate le famose tele di Giusto Utens, che rappresentavano le vedute delle ville medicee (queste tele sono in buon numero conservate nel Museo "Firenze com'era"). Al centro della volta si trovano tre raffigurazioni del Passignano; l'affresco maggiore è dedicato a "Il convito di Livia e Ottaviano".

Dal salone si passa all'appartamento di Cristina di Lorena, composto da tre ambienti affrescati dal Passignano. Interessante è il ricetto del poggiolo, uno stanzino da bagno decorato in modo fantasioso da Bernardino Poccetti e dal Passignano. Sulla destra del salone, l'ultima stanza nell'angolo, conserva un particolare lavabo a parete in pietra serena, con tazza ovale sormontata da un'elegante valva di conchiglia, di vibrante, sensibile modellato.
La particolarità della villa risiede nella presenza di numerosi camini, non "cento" come pensa chi li vede, ma tanti quante sono le stanze e soprattutto ognuno con una foggia diversa. Infatti Ferdinando I, al momento della costruzione, volle sistemare in ogni sala una sorta di moderno riscaldamento "singolo" per prevenire il gelo nei periodi di caccia invernali.
Il complesso della villa comprende anche la sua Paggeria, elegante struttura anch'essa di pianta rettangolare che venne danneggiata durante la guerra ed in fase di ristrutturazione adibita ad albergo, sempre mantenendo i camini ed i lavabi originali.

"Prato e la sua Provincia", a cura di Claudio Cerretelli

 

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